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«Il clan investì 7 milioni nel business dei Cesaro, quando i fratelli smisero di pagare fu guerra»

di Luigi Nicolosi
10 Giugno 2020
in Notizie di Cronaca, Primo Piano
Tempo di lettura: 2 minuti
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Il pentito Claudio Lamino rivela il movente dei due attentati di Sant’Antimo: «L’impegno di versare 10mila euro al mese a un certo punto non fu più rispettato»

di Luigi Nicolosi

Un debito non onorato dietro l’attentato al centro polidiagnostico “Igea”. I fratelli Cesaro, dopo essere stati per anni in affari con il clan Puca, prima con il boss Pasquale “’o minorenne” e in seguito con il figlio Lorenzo, avevano deciso di tirarsi fuori dal giro. Una decisione che non andò affatto giù alla cosca di Sant’Antimo, che avrebbe così deciso di passare all’incasso a modo proprio: «Dal 2009 al 2011 i fratelli Raffaele e Aniello Cesaro hanno consegnato alla famiglia Puca, a titolo di quote spettanti a Pasquale Puca per investimenti fatti insieme, la somma di circa 400mila euro, consegnati personalmente in più tranche al figlio Lorenzo Puca. Dopo il 2011 i fratelli Cesaro hanno sospeso i pagamenti o comunque non erano più regolari». Ed è a quel punto che il banco è saltato. Parola del pentito Claudio Lamino.

Il collaboratore di giustizia, insieme a Ferdinando Puca e Giuseppe Perfetto, è l’ex uomo di mala che maggiormente ha contribuito allo sviluppo dell’inchiesta culminata nell’ondata di arresti eseguiti ieri mattina dai carabinieri a Sant’Antimo. Sul punto, nell’interrogatorio del 29 maggio 2017, Lamino ha fornito un’ampia e circostanziata ricostruzione della vicenda, spiegando il motivo per il quale i Cesaro si sono ritrovati a loro volta oggetto delle gravi intimidazioni del clan: «Lamentavano di trovarsi in una situazione di crisi economica. Più volte Maria Rosaria Macchiarella (la moglie di “’o minorenne”, ndr) si è recata presso il centro polisportivo di Sant’Antimo, dove i Cesaro hanno l’ufficio all’ultimo piano, per chiedere il pagamento della quota spettante, facendo però spesso anticamera e non ricevendo nulla. Pasquale Puca, prima di essere messo al 41bis, fece arrivare l’imbasciata tramite Lorenzo Puca che i Cesaro avrebbero dovuto quantomeno dare la somma capitale che aveva investito nel centro commerciale “Il Molino”. Credo si trattasse di circa 6-7 milioni di euro».

Secondo il pentito, il confronto tra le parti fu però asprissimo: «Lorenzo Puca e la madre vennero cacciati in malo modo da Raffaele Cesar, il quale disse “che vi credere che i camorristi siete solo voi?”. Dopo l’arresto di Lorenzo, Macchiarella si è rivolta quindi ad Antimo Cesaro, recandosi al centro “Igea”. Antimo Cesaro si prese l’impegno con lei e Teresa Pappadia (madre di Pasquale Puca, ndr) di convincere i fratelli Aniello e Raffaele a mantenere fede all’impegno. L’accordo era di versare 10mila euro almese. L’impegno è stato mantenuto fino a quanto è stata messa la bomba al centro “Igea”. Nel momento in cui le inchiesta giudiziarie iniziarono a colpire la famiglia Puca, i Cesaro, ferma restando la presunzione di innocenza fino a provare contraria, avrebbero infatti deciso di tirarsi fuori dall’accordo. Una mossa che avrebbero pagato a caro prezzo: l’ordigno contro il centro polidiagnostico e i cinque colpi di pistola contro l’auto di Raffaele Cesaro.

Tags: camorraclan Pucafratelli cesarosant'antimo
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