Il tribunale amministrativo accoglie il ricorso dell’ex affiliato Salvatore Musolino, ma per gli investigatori dell’Antimafia ha continuato a delinquere anche da collaboratore di giustizia
Salvatore Musolino, storico affiliato al potente clan Di Lauro di Secondigliano, da poco più di un anno ha deciso di collaborare con la giustizia. Anche grazie alle sue dichiarazioni sono arrivate importanti e severe condanne, tra cui quella inflitta al boss Marco Di Lauro per l’omicidio di Ciro Maisto: il “rampollo” in primo grado era stato condannato all’ergastolo, pena pochi giorni fa rideterminata in trent’anni al termine del processo di appello. Tornando invece a Musolino, il suo percorso di pentimento si sta rivelando piuttosto “tortuoso”.
Nella primavera scorsa, infatti, in seguito ad alcuni atteggiamenti violenti tenuti dall’ex affiliato al clan di “Ciruzzo ’o milionario”, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha stabilito che non ci fossero più le condizioni per la prosecuzione del piano provvisorio di protezione, ritenendolo un soggetto che di fatto «non ha mai smesso di delinquere». A fine aprile ecco dunque che per Musolino arriva la tegola: la Commissione centrale per la definizione e l’applicazione delle speciali misure di protezione gli notifica la revoca della misura. Questione chiusa, dunque? Neanche per sogno. Pochi giorni fa il Tar del Lazio, accogliendo l’istanza del difensore, l’avvocato Enrico Morcavallo, ha disposto la sospensione del provvedimento e ordinato una nuova valutazione di merito.
In passato il nome di Musolino è più volte salito alla ribalta della cronaca locale napoletana. Ritenuto dagli inquirenti della Procura antimafia uno dei fedelissimi della cosca fondata da Paolo Di Lauro, nel gennaio 2021 il 41enne ha però deciso a sorpresa di avviare un percorso di collaborazione con la giustizia. Da subito il neo pentito contribuisce quindi allo sviluppo di importanti procedimenti giudiziari, tra cui quello che vede tra i protagonisti il ras Marco Di Lauro, accusato di aver concorso nell’omicidio di Ciro Maisto. Musolino, dal canto suo, non sembra aver però messo del tutto la testa a posto. Nei mesi successivi, infatti, si rende protagonista di due aggressioni: una in ambito domestico e un’altra ai danni un gruppo di ragazze sulla pubblica via, dalle quali si era persino fatto consegnare del denaro.
La notizia arriva ben presto ai piani alti della Dna, che il 19 aprile scorso stabilisce che non ci fossero più «le condizioni per la prosecuzione del piano provvisorio di protezione, trattandosi di un soggetto che, sostanzialmente, non aveva mai smesso di delinquere». Otto giorni dopo la Commissione centrale notifica a Musolino il verbale con cui viene revocata la misura di protezione speciale, emesso proprio sulla scorta delle motivazioni relative alle precedenti condotte delittuose.
La partita non è però chiusa, anzi. La difesa di Musolino, rappresentata dall’avvocato Morcavallo, ricorre al Tar del Lazio e quest’ultimo poche settimane, accogliendo l’istanza, ha disposto la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, fissando contestualmente la trattazione di merito del ricorso con un’udienza fissata per il prossimo marzo. Insomma, il percorso di Salvatore Musolino tra le fila dei collaboratori di giustizia sembra dunque non essere ancora giunto al capolinea.