Il pentito Lombardi rivela il funzionamento delle piazze di spaccio gestite dalla cosca secondiglianese: «Bisogna essere un personaggio di rilievo o addirittura un killer. Nel 2007 un pacco di cocaina veniva passato a 50mila euro. Non era mai successo»
Per sedersi al tavolo dei “potenti” bisognava dimostrare di avere tutte le carte in regola e, soprattutto, il grilletto facile. In caso contrario il clan all’epoca più potente e feroce di Napoli e provincia non avrebbe mai accettato un rapporto alla pari nella gestione delle piazze di spaccio: il vero core business dei gruppi di mala. Parola del super pentito Vincenzo Lombardi, ex uomo di punta del clan Di Lauro di Secondigliano, che agli inquirenti della Dda ha rivelato: «Entrare in società o in quota di una piazza di spaccio per i Di Lauro significa essere un personaggio di rilievo o meglio un killer. Comunque una persona di più elevata qualità nel clan. Non è possibile che uno spacciatore entri in quota, bisogna dare un contributo essenziale agli affari della famiglia».
Il verbale in questione è tratto dalle dichiarazioni che Lombardi ha reso il 23 marzo 2012 e rappresenta uno dei pilastri della maxi-inchiesta che pochi giorni fa ha portato dietro le sbarre, ancora una volta, sedici esponenti di spicco della mala di Scampia e Secondigliano, tra cui i ras Marco Di Lauro, Raffaele Amato e Cesare Pagano. Spiegando agli inquirenti il funzionamento degli affari della cosca con base al rione dei Fiori e a cupa dell’Arco, il collaboratore di giustizia Lombardi ha dunque spiegato: «Essere in quota non significa gestire materialmente la piazza, ma riunirsi per la spartizione dei proventi e intervenire nei momenti critici. Noi mettemmo due ragazzi sulla piazza della Vinella, uno è stato ammazzato dal Mocillo nel circolo del rione Berlingieri… lo stesso Mocillo venne ammazzato dagli scissionisti ad Arzano, come ritorsione all’omicidio, la cui colpa fu fatta ricadere su noi Di Lauro. Un altro ragazzo che gestiva la piazza era Massimino “’o niro”, attualmente detenuto». E ancora: «Prima che noi entrassimo in quota sulla Vinella, la stessa piazza di spaccio era della famiglia Petriccione Magnetti, è sempre stata loro, che abitavano lì da molto tempo e anche se fossero stati arrestati tutti gli uomini potrebbe venir gestita dalle donne».
L’ingresso dei Di Lauro avrebbe però innescato più di qualche malumore anche tra i “Girati”: «Il fatto che noi entrassimo in quota creò dei problemi con i Patriccione Magnetti, perché si lamentavano che eravamo troppi di noi e i soldi erano troppo pochi. In effetti rendeva pro quota circa 15mila euro ogni due mesi e mezzo contro i 40mila euro che rendeva quando erano in quota solo loro. Poi è subentrato un ulteriore problema, lo stupefacente che si spacciava nella Vinella, eroina (era la piazza più forte di Secondigliano, i tossici venivano con i pullman) e cocaina, doveva essere presa dai Di Lauro, ossia da Giuseppe Pica e dal Pinguino. Mentre di solito la droga veniva acquistata dai Di Lauro a un prezzo massimo di 33mila euro a pacco, è successo che questi prezzi si sono alzati di molto e in particolare per la Vinella, fino a 48.500 euro al pacco nel 2007… Non era mai capitato che la famiglia Di Lauro passasse un pacco quasi a 50mila euro. Mocillo e Cutoletta decisero così l’omicidio di Giuseppe Pica». Il delitto che innescò la sanguinosa seconda faida di Scampia.