di Giancarlo Tommasone
La richiesta era di 500 euro una tantum, come «anticipo» per «mettersi in regola» con il presunto gruppo criminale e poi di 200 euro ogni trenta giorni, che dovevano essere versati a partire dal mese di gennaio scorso. E’ quanto si evince dall’ordinanza redatta dai magistrati della Dda di Napoli per un presunto episodio estorsivo, non concretizzatosi in seguito alla denuncia della vittima. Per tali fatti la Procura, lo scorso 25 gennaio, ha applicato a Roberto D’Ambrosio (considerato il vertice dell’organizzazione), Eduardo Fiorentino Mammoliti, Bruno Solla, Luca Concilio e Gerardo Ferdinando Russo, la misura cautelare della custodia in carcere.

Il gruppo faceva capo ai De Luca Bossa-Minichini
Il sodalizio, ricostruiscono gli inquirenti, farebbe capo all’organizzazione De Luca Bossa-Minichini, operante nella zona orientale di Napoli e nella fattispecie, originaria del quartiere Ponticelli. Si tratta, sottolineano i magistrati, di gruppi che stanno riorganizzandosi. A finire nel mirino del sodalizio un imprenditore, titolare di un autolavaggio nella zona vesuviana. E’ proprio lui che il 3 gennaio scorso si reca dai carabinieri e racconta quanto subìto. Sono le 11.30 del 30 dicembre del 2017, quando presso la sua attività, si presentano due componenti del suddetto gruppo e chiedono all’uomo di salire a bordo dell’autovettura su cui erano giunti, per andare a Pollena Trocchia, dove lo aspettava Roberto D’Ambrosio. Perché doveva parlargli.
L’imprenditore al cospetto del capo del gruppo
L’imprenditore prende tempo, affermando che di lì a poco si sarebbe recato personalmente da «Roberto». La visita della coppia si ripropone a mezzogiorno e questa volta, il titolare dell’attività commerciale non può far altro che andare dove, intimano i due. Sale a bordo del suo furgone e segue la vettura della coppia fino a un centro scommesse di Pollena Trocchia. Qui avviene l’incontro con D’Ambrosio (originario del Rione Caravita di Cercola), che secondo la vittima, avrebbe detto: «Roberto mi diceva che a Cercola adesso stavano loro e che avevano fatto una cosa sola con quelli di Bartolo Longo (De Luca Bossa-Minichini, ndr), mi diceva anche che aveva saputo che io smontavo le macchine nel mio autolavaggio e che per tale motivo, pretendeva 500 euro in un paio di giorni e di versare 200 euro al mese a cominciare da gennaio».
Cinquecento euro come anticipo e altri 200 ogni mese
La vittima spiega a Roberto che non smontava più auto e che campava soltanto con il suo autolavaggio, ma l’uomo «non voleva sentire ragioni. Mi rappresentò il fatto che dicevano tutti così e che con le buone e le cattive, per gennaio, avrei dovuto portare i soldi e che comandava lui a Cercola, per qualsiasi problema o comunicazione mi sarei potuto riferire al lui presso (il centro scommesse) in cui ero stato convocato». La vittima sottolinea ai carabinieri pure il fatto che il gruppetto che aveva intorno (composto da presunti gregari di D’Ambrosio) gli «faceva veramente impressione». «Non parlavo – afferma – per paura di essere aggredito fisicamente, dicevo che non avevo i soldi e lui rispondeva che “dicevano tutti così”».

La telefonata ascoltata dai carabinieri: non metterci nei guai
C’è un altro particolare che evidenzia il clima di paura vissuto dall’uomo e dalla sua famiglia. Durante la stesura del verbale, intorno alle 15.30 di quel 3 gennaio, i militari danno atto che sull’utenza telefonica della vittima giunge la chiamata della sua consorte. La comunicazione a viva voce viene ascoltata in diretta dalle forze dell’ordine: «Non metterci nei guai, abbiamo dei figli, se li denunci, quelli fanno male a te e a noi». Roberto D’Ambrosio, scrivono gli inquirenti nell’ordinanza, è ritenuto espressione, nei territori di Cercola, Pollena Trocchia e Sant’Anastasia del cartello criminale dei De Luca Bossa-Minichini di recente riorganizzatosi e considerato storico antagonista del clan Sarno di Ponticelli.