Che il brigadiere dei carabinieri Lazzaro Cioffi, alias Marcolino, ricoprisse un ruolo fondamentale all’interno dell’organizzazione che agiva nel Parco Verde di Caivano, e che faceva capo a Pasquale Fucito, lo scrivono i magistrati nel faldone dell’ordinanza che ha portato a 17 arresti. Cioffi (classe 1962) deve rispondere di associazione a delinquere, favoreggiamento e riciclaggio aggravato.
«(Cioffi) è il brigadiere dei carabinieri formalmente in servizio al Nucleo investigativo di Castello di Cisterna ma, di fatto, al servizio di Fucito Pasquale e dell’associazione dallo stesso gestita ed organizzata all’interno del Parco Verde di Caivano», annotano gli inquirenti.
Il brigadiere Lazzaro Cioffi
Secondo le risultanze investigative, Marcolino, svolge indisturbato il proprio ruolo anche durante il periodo in cui è in licenza, «percependo la retribuzione e preoccupandosi (allorquando i colleghi della squadra da lui organizzata per avere il controllo delle iniziative investigative e giudiziarie nel Parco Verde) che il Fucito possa non pagarlo a causa della perquisizione a casa Gallo che il militare non era riuscito ad impedire o, comunque, a ritardare». In vista del rientro in servizio, i magistrati titolari dell’inchiesta evidenziano la «‘forza’ di Cioffi che minaccia di esercitare il proprio potere per ottenere il tempestivo pagamento della retribuzione da parte del Fucito, che negli ultimi periodi tardava a pagare». Ciò si evince anche da una intercettazione.
Il boss non paga, le rimostranze di Cioffi
Sul «nastro» sono fissate le rimostranze di Marcolino, nei confronti di Pasquale Fucito: «No ma questo non ha capito proprio niente, io mò la rompiamo la situazione, questo lo deve prendere un poco in c…, mo ti faccio vedere come la prende in c…, non ti preoccupare tanto altri quattro giorni sono… ». Gli altri quattro giorni si riferiscono al periodo che manca all’imminente visita per la idoneità a rientrare in servizio (il suo reintegro avverrà il 18 gennaio del 2018, ndr) «così da poter riprendere il perfetto controllo del territorio e poter anche verosimilmente minacciare il Fucito», scrivono ancora i magistrati.
C’è da sottolineare, che durante l’interrogatorio di garanzia dello scorso 21 aprile, di cui ha rendicontato Viviana Lanza su Il Mattino, il militare 55enne originario di Casagiove, ha dichiarato al gip di non essere mai stato al soldo del clan. Di aver sbagliato a frequentare Fucito e di non aver mai favorito la camorra. Inoltre ha tenuto a difendersi affermando che quando si era interessato al lavoro dei suoi colleghi, lo aveva fatto per fingere un interessamento agli occhi di Fucito.
I basoli comunali per abbellire l’abitazione di Cioffi
Ma c’è un’altra vicenda, che secondo i magistrati rivela «lo spessore criminale del Cioffi, oramai abituato a vivere ed operare nell’illegalità… è la vicenda che riguarda il tentativo di appropriazione, da parte del militare, dei ‘basoli’ di proprietà comunale e che interessano al brigadiere infedele per abbellire una propria abitazione».
Fondamentale per l’inchiesta l’attività di intelligence
Le intercettazioni ambientali
Le intercettazioni ambientali riguardo al suddetto caso sono relative a una conversazione avvenuta a novembre del 2017 tra Cioffi, Ciro Astuto (alias ilpasticciere, anche lui arrestato e considerato braccio destro di Pasquale Fucito) e un uomo non identificato. Cioffi: «Mi serve una cosa». Uomo: «Che ti serve, dici?». Cioffi: «E ma non ci puoi andare tu, perché è una cosa che serve a me… ». Uomo: «Che ti serve? Io la faccio prendere da un’altra parte e te la faccio dare. Che ti serve? Che ci serve, ja, dici». Astuto: «I ‘vasoli’ in mezzo alla strada». Cioffi: «Quei ‘vasoli’ vecchi». Per far comprendere all’uomo di cosa si tratti, Cioffi specifica: «Quelli sotto al muro, là, li vedi?». Il carabiniere, scrivono i magistrati nel faldone dell’ordinanza «condivide anche con A. S. (suo intermediario allorquando deve entrare in contatto con Astuto Ciro) la volontà di appropriarsi dei basoli comunali già oggetto di furto. Cioffi avrebbe scoperto il responsabile del furto e gli avrebbe mandato a dire di consegnargli (i basoli).
Un ‘cimitero’ di basoli
Tale persona avrebbe risposto che non vi erano problemi». «Consapevole dell’illegittimità del suo agire – considerano ancora i magistrati titolari dell’inchiesta – poi, il militare afferma che se per caso qualcuno lo stia intercettando, finisce nei guai. Sprezzante del ruolo che riveste e della divisa che indossa aggiunge che ci sono molte persone interessate a queste pietre e dato che sono state rubate, non ci sta nulla di male se le danno pure a lui». «Qua teniamo qualche telefono sotto controllo, qua mi fanno andare carcerato… Perché quelli stanno tutti quanti in mezzo per queste pietre (i basoli, ndr) un bordello. Perché se le sono rubate le pietre», dice Cioffi, intuendo di essere intercettato, ma non avendone la certezza.