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Cellulare «volante», al boss Contini il telefono in carcere arriva col drone

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Home Inchieste e storia della camorra

Cellulare «volante», al boss Contini il telefono in carcere arriva col drone

di Redazione
15 Ottobre 2019
in Inchieste e storia della camorra
Tempo di lettura: 4 minuti
Il ras Ciro Contini in mezzo a uno stuolo di carabinieri

Il ras Ciro Contini in mezzo a uno stuolo di carabinieri

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L’operazione ha portato a dieci arresti

di Giancarlo Tommasone

Dal penitenziario in cui è recluso, scrive il gip Sandro Pecorella (del Tribunale di Bologna), l’indagato ha larga disponibilità di telefonini. Effettua delle chiamate per coordinare i suoi sodali all’esterno. In un’occasione, si evince dal brogliaccio agli atti dell’ordinanza, chiede a uno del suo gruppo di fargli arrivare un cellulare nel cortile del carcere. Come? Dal cielo. Attraverso un drone, guidato da un non meglio identificato Diego. Il dispositivo, ordina il capo, deve essere «sganciato» dall’oggetto volante. E’ solo uno dei molti episodi che descrive la caratura criminale di quello che è indicato come un temibile ras emergente. Da Napoli al Riminese, per spazzare via la «vecchia» camorra di esportazione e prendere le redini del comando.

La foto segnaletica del boss del Vasto-Arenaccia, Edoardo Contini

All’anagrafe della malavita risulta come ’o nirone, al secolo è Ciro Contini (prossimo a compiere 31 anni), nipote del boss omonimo Edoardo’o romano (tra i fondatori del cartello che va sotto il nome di Alleanza di Secondigliano).

I nomi degli arrestati / Guerra tra clan
di camorra a Rimini per la conquista del territorio

La misura di custodia cautelare lo ha raggiunto in carcere a Prato (era stato arrestato lo scorso novembre, a Napoli, per armi). Le manette, nel corso dell’operazione Hammer (vale a dire martello), sono scattate pure ai polsi di sei dei suoi fedelissimi. L’ordinanza ha coinvolto anche i componenti della cosca rivale, «martoriata», annichilita a colpi di martello, pistole in bocca e componenti idraulici nelle reni: in tre sono finiti ai domiciliari. Si tratta di vittime del gruppo Contini-Acampa (Antonio, classe 1979, cognato di Ciro), che contestualmente rispondono di attività illecite imbastite in Romagna, estorsioni per lo più. Ciro ’o nirone, ricostruiscono gli inquirenti, ha un curriculum di tutto rispetto: militanza nel clan Sibillo (avrebbe condotto la paranza di Forcella, dopo l’omicidio del baby boss Emanuele e la cattura del fratello di quest’ultimo, Pasquale), poi il passaggio alla guida, pro tempore, dei Contini del Vasto-Arenaccia, infine un clan tutto suo che ha un unico obiettivo, quello di invadere e conquistare Rimini. Per compiere il suo piano non si ferma davanti a niente, le sbarre e il cemento sono attraversati facilmente dalle onde elettromagnetiche del cellulare. Le telefonate arrivano fuori, copiose, pochi giorni dopo l’arresto di Ciro Contini, mentre si trova recluso nella casa circondariale di Secondigliano, un penitenziario che Stylo24 ha ribattezzato sorta di «negozio di cellulari», a causa dei tanti dispositivi sequestrati ai detenuti.

L’approfondimento / Micro cellulari
in carcere, i boss come James Bond

Da Secondigliano, si evince dalle intercettazioni, Ciro organizza il gruppo, per le mesate da dispensare agli affiliati, per le mosse da compiere, per i movimenti da effettuare. Invia disposizioni per chi deve andare al Nord a dare una mano ad Acampa;  per chi deve fare la spola tra Napoli e Rimini; per chi deve restare all’ombra del Vesuvio, perché bisogna sempre stare attenti al territorio di competenza «naturale».

La pericolosità del gruppo
che puntava al controllo
degli affari illeciti a Rimini

E qui i nemici sono tanti, il clan di Ciro ’o nirone sta «facendo troppi guai, è troppo violento… spacca le mani alla gente… quello è uno che uccide per sfizio (si dice nell’ambiente)». In un’occasione, Ciro Contini «contattava dal carcere i propri familiari per farsi dare il nuovo recapito telefonico di Fabio Rivieccio (uno degli indagati, ndr), che soprannominava “Fabiana l’estetista”. La madre di Contini (Elisabetta Esposito, che non risulta tra gli indagati, ndr) comunicava al figlio il recapito di Rivieccio».

La telefonata del ras
con «Fabiana l’estetista»

A quest’ultimo telefona Contini; il capo dice che deve recapitargli un telefono in carcere, «mediante un drone, che sarebbe stato guidato da un certo Diego».  Il filo con l’esterno non viene reciso nemmeno quando Ciro Contini viene trasferito dal carcere di Secondigliano a quello di Voghera, il 24 gennaio del 2019. Attraverso comunicazioni portate fuori, tramite i parenti che vanno a trovarlo nel penitenziario o con una nuova linea telefonica (ricostruiscono gli inquirenti), il 31enne continua a comunicare e a dettare tempi e modalità alla cosca. Non lo ferma nemmeno il sequestro del telefono cellulare, registrato il 7 febbraio scorso nella casa circondariale in provincia di Pavia. I baschi azzurri trovano e requisiscono dispositivi nella disponibilità di ’o nirone e di altri detenuti, tra essi c’è anche Guglielmo Giuliano. Ma appena tre giorni dopo il sequestro, in virtù di «successive intercettazioni – è riportato nell’ordinanza – si comprendeva che Ciro Contini, già a partire dal 10 febbraio del 2019, riusciva a comunicare per mezzo di altro telefono». Solo il 24 febbraio scorso, gli 007 dell’Antimafia riescono a comprendere qual è il nuovo numero «clandestino» di ’o nirone, e «solo da quella data si potevano riprendere le intercettazioni dirette». «Questo telefono non era però il suo (di Contini, ndr), ma di un altro detenuto, che lo ha portato con sé quando è stato trasferito in altra casa circondariale, con conseguente interruzione anticipata delle intercettazioni su questa linea», annotano gli investigatori.

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