di Francesco Vitale
Lo scorso lunedì, i dipendenti del Cira (Centro italiano ricerche aerospaziali) hanno proclamato lo stato di agitazione. Innescato da un timore, che ritengono fondato: entro la prossima primavera la controllata di Asi potrebbe restare praticamente senza fondi. «Il Cira attraversa un momento di forti incertezze strategico-finanziarie», è scritto in un documento diffuso da lavoratori e lavoratrici del centro di Capua.
Stesso quadro della situazione
era stato tracciato dalla Corte dei Conti
attraverso la relazione
dello scorso 18 settembre
Il Cira è stato costituito nel 1984, è sottolineato ancora nel comunicato, «per dotare l’Italia di una istituzione di ricerca all’avanguardia dedicata ai settori strategici dell’aeronautica e dello spazio, in analogia a quanto presente in tutti i Paesi industrializzati. A differenza degli altri Stati, in cui gli enti omologhi sono enti pubblici di ricerca, il Cira è stato costituito in forma di società consortile pubblico-privata e ad essa è stata affidata l’attuazione del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (Prora), ovvero, la realizzazione e la gestione di un insieme di progetti e di grandi impianti di ricerca che costituiscono un asset strategico dello Stato nel comparto aerospaziale».
Ma la natura «ibrida» di tale assetto
avrebbe generato negli anni diverse criticità
Tra esse «l’insufficiente integrazione tra le attività del Cira e quelle dei suoi soci e la difficoltà nel mantenere una programmazione strategico-gestionale continua e stabile». L’ultimo aggiornamento del Prora è avvenuto 13 anni fa con il decreto interministeriale 674/2005, il Cira ha quasi ultimato la realizzazione delle opere previste e, di conseguenza, ha quasi esaurito la dotazione finanziaria originaria.
Va da sé che tutto ciò mette in forte difficoltà la sostenibilità e il funzionamento del centro di Capua e il «suo importantissimo patrimonio in infrastrutture e competenze», costruito in oltre trent’anni di attività grazie all’investimento di oltre un miliardo di euro da parte del Governo.
I motivi che hanno spinto i lavoratori
e le sigle a indire lo stato di agitazione
Lo stato di agitazione, fanno sapere i dipendenti del Cira, è stato innescato per le preoccupazioni «in merito ad assoluta mancanza di garanzie sulla sostenibilità economica già nel breve periodo; assenza di una chiara e credibile visione strategica di medio-lungo periodo; inaccettabili ipotesi di riassetto societario ipotizzate da parte dei vertici aziendali; tutela delle alte professionalità che hanno portato il Cira ad essere un centro di eccellenza». Lo stato di agitazione è all’ordine del giorno in occasione del Consiglio di amministrazione, previsto per oggi.
La Rsu sul sentiero di guerra
La Rsu (Rappresentanza sindacale unitaria) del Cira ha inoltre segnalato «la improcrastinabile necessità di applicare l’iter di inserimento dei neoassunti, prassi da sempre consolidata e diventata impegno disatteso nelle ultime assunzioni, e di avviare un’azione volta a risolvere l’annoso problema dei sotto‐inquadramenti e delle “sperequazioni”. Il Contratto collettivo nazionale del lavoro dei metalmeccanici definisce l’inquadramento dei lavoratori in categorie sulla base delle mansioni assegnate e non in base alla posizione assunta in una data graduatoria, stilata sulla base di un regolamento e di un relativo budget».
Le riserve dei sindacati
I sindacati hanno pure sottolineato il fatto che siano state più volte espresse riserve in merito al tentativo di adottare «un ‘Sistema permanente di Valutazione e Gestione del Personale’, le cui norme potrebbero risultare in conflitto con il Ccnl e pertanto risultare illegittime».