Dodici associazioni hanno inviato la richiesta al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso
Commissariare la Camera di Commercio di Napoli per le «reiterate violazioni di legge» che sarebbero state perpetrate dall’attuale gestione, che hanno portato a una «gestione personalistica e inappropriata», nella quale «non appare garantita l’imparzialità» e che ha portato a una «perdita di credibilità» dell’ente e di «capacità di rappresentanza» delle imprese iscritte. È la richiesta inviata al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, da dodici associazioni di rappresentanza delle imprese del territorio, tra cui l’Acen, l’Unione industriali, Confcommercio e Confesercenti.
Nella conferenza stampa che si è svolta nelle sede dell’Acen, presentato un documento, illustrato dal presidente dell’Associazione dei costruttori di Napoli, Angelo Lancellotti; dal presidente dell’Unione industriali Napoli, Costanzo Jannotti Pecci; dal presidente di Confcommercio Campania, Pasquale Russo. In discussione c’è la presidenza di Ciro Fiola e la sua gestione, accompagnata da una serie di polemiche, scontri interni e ricorsi alla giustizia amministrativa, fino alle dimissioni dal Consiglio della Cciaa, a fine novembre del 2022, di sette consiglieri che rappresentavano otto associazioni storiche, ovvero Acen, Unione industriali Napoli, Claai, Cna, Confcommercio Campania, Confesercenti Napoli, Compagnia delle Opere Campania e Confapi Napoli.
La costituzione del Consiglio camerale
A queste se ne aggiungono altre tre (Apa, Confimpresa Italia Campania e Federdat) per annunciare un fronte comune contro quella che definiscono «un’anomalia solo napoletana». Al centro della richiesta di commissariamento ci sono diverse questioni. La prima riguarda la costituzione del Consiglio camerale, avvenuta nel 2018, con «l’esclusione di importanti sigle di rappresentanza imprenditoriale – si legge nel documento presentato oggi nel corso di una conferenza stampa – quali Confcommercio, Confapi e Compagnia delle Opere, ma anche l’ammissione da parte della Regione di Aicast e Assimprese per l’Italia, sigle di rappresentanza vicine al presidente Fiola, neocostituite, con la stessa sede e con un’incerta storia alle spalle, essendo prive di struttura tecnica e dipendenti». I firmatari fanno notare che, invece, la Regione ha assunto un comportamento diverso in occasione del rinnovo dei Consigli camerali di Irpinia-Sannio e Caserta, laddove «non stati riconosciuti loro i requisiti minimi di partecipazione».
«In più – si legge ancora nel documento – Aicast e Assimprese si sono rese responsabili di due vulnus procedurali, in quanto dichiaravano le stesse aziende rappresentate, raddoppiando così il loro peso in Consiglio, e tutti i pagamenti delle quote associative, loro spettanti, sono avvenuti per contanti». Viene poi contestata la gestione messa in campo da Fiola e dai suoi sostenitori nel periodo 2018-2023. «Più volte i consiglieri di minoranza – è evidenziato nel documento con cui si chiede il commissariamento – che fanno capo alle associazioni storiche dell’imprenditoria locale, rappresentavano la mala gestio dell’ente e segnalavano illegittimità reiterate».
L’asseenza di confronto
Contestate pure «assenza di confronto, rilevanti imprecisioni e discrasie, anche in riferimento ai documenti più importanti, come programmi di attività e bilanci che hanno chiuso, con una erosione delle riserve camerali che supera i 22 milioni di euro». Un aspetto che viene considerato ancora più grave in quanto «il depauperamento delle risorse è avvenuto senza realizzare le finalità dell’ente, senza cioè sostenere il sistema produttivo, ma per realizzare progetti afferenti alle associazioni facenti capo a Fiola e alla sua maggioranza». Si denuncia, inoltre, «l’impossibilità per i consiglieri di minoranza di accedere ai documenti camerali», per esempio i verbali del Collegio dei revisori. L’ultimo punto al centro della richiesta di commissariamento è la procedura di rinnovo del Consiglio, avviata lo scorso 20 marzo, attraverso la pubblicazione di un avviso e di un vademecum.
«Il vademecum – si spiega nel documento – travalicando in più punti i dettami delle leggi vigenti, attraverso i quali si stabiliscono le regole per il rinnovo dei vertici camerali, veniva impugnato dalle associazioni storiche. In tutti i casi, Tar e Consiglio di Stato emettevano ordinanze di sospensione dei provvedimenti camerali, sottolineando che i ricorsi pervenuti costituivano giuste ragioni perché tali disposizioni si ponevano in evidente contrasto con i dettami legislativi e regolamentari». Allo stesso tempo, «il ministero emetteva note dirette alla Camera di Commercio, imponendole di adeguare le proprie procedure agli standard nazionali fissati». In più è emerso che, «già nella fase di verifica documentale la Cciaa di Napoli ha escluso 12 organizzazioni (Acen, Compagnia delle Opere Campania, Cna, Confcommercio, Confcooperative, Confimprese, Federdat, Legacoop, Agci, Cgil, Cisl e Uil) – e per 3 ulteriori a richiedere spiegazioni, documentazione aggiuntiva». Tutte le associazioni escluse hanno proposto ricorso; le prime che lo hanno depositato, hanno già ottenuto la sospensiva del provvedimento e la riammissione alla procedura.