di Giancarlo Tommasone
Una decina di pagine dattiloscritte che recano l’ammissione di responsabilità dell’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, Cesare Battiti, relativamente a quattro omicidi.
Gli stessi che gli sono stati addebitati
e per i quali è stato condannato all’ergastolo
I verbali sono datati 23 e 24 marzo 2019 e ripercorrono la vita, la carriera criminale, la latitanza durata 37 anni, dell’ex primula rossa. Un periodo durante il quale, per mantenersi – afferma Battisti – collabora perfino con la rivista «Playboy», utilizzando uno pseudonimo. Gli interrogatori avvengono negli uffici della casa di reclusione S. Roro di Massama (Oristano), dinanzi ad Alberto Nobili, coordinatore della Sezione distrettuale Antiterrorismo di Milano, a Cristina Villa, vicequestore della Digos di Milano e ai due legali che assistono Battisti, Davide Steccanella e Gianfranco Sollai.
I rapporti
tra Cesare Battisti
e Nicola Pellecchia,
tra i fondatori
dei Nuclei armati proletari
Quando parla degli elementi e delle personalità che lo influenzeranno nel maturare la scelta della militanza e della lotta armata, Battisti fa il nome anche di Nicola Pellecchia, napoletano, tra i fondatori dei Nap (Nuclei armati proletari), deceduto a marzo del 2013. «Fui detenuto fino al 1976 e faccio presente che durante la mia carcerazione ebbi modo di individuare concretamente un gruppo già consolidato nell’ambito della lotta armata; fui molto influenzato dalla personalità di Nicola Pellecchia che conobbi, non ricordo se a Spoleto o a Regina Coeli, e che faceva parte dei Nap ed il cui padre divenne in seguito mio avvocato», dichiara Battisti.
La relazione della Commissione
Parlamentare Antimafia
Nicola Pellecchia, stando alla relazione della Commissione Parlamentare Antimafia che tra il 1993 e il 1994 si occupò, per la prima volta, di camorra, fu coinvolto nella trattativa per la liberazione di Ciro Cirillo (rapito dalle Brigate Rosse il 27 aprile del 1981 e rilasciato dopo circa tre mesi, il 24 luglio, in cambio di un riscatto miliardario, si parla di lire, naturalmente). Personaggio di primo piano della trattativa, che porta la regia del Sismi, è il padrino della Nco, Raffaele Cutolo che avvia i contatti con il gruppo dirigente dei «politici» reclusi a Palmi. In seguito a ciò, vengono concentrati contemporaneamente ad Ascoli Piceno, nello stesso braccio in cui si trova Cutolo – tra il 5 e l’8 maggio 1981 – Sante Notarnicola, Emanuele Attimonelli e Luigi Bosso. Dopo l’incontro con Cutolo, tutti e tre i brigatisti partono immediatamente verso il penitenziario di Palmi.
Dove il sei giugno del 1981 confluisce anche Nicola Pellecchia, «altro detenuto mediatore tra camorra e brigatisti» (relativamente alla trattativa Cirillo), è scritto nella relazione della Commissione Parlamentare Antimafia. Pellecchia, lo stesso giorno invia ad Ascoli Piceno, al padrino della Nco, un messaggio, con il quale gli comunica di essere arrivato e di stare bene.
Trattativa
per la liberazione di Cirillo,
lo scambio di telegrammi
tra Nicola Pellecchia
e il «compare compagno»
Raffaele Cutolo
In risposta riceve dal boss di Ottaviano il seguente telegramma, datato 10 giugno: «Ricevo tuo atteso telex. Dopo cose brutte subite spero in un positivo risvolto della vicenda. Abbracci a te e Luigi (si riferisce a Bosso). Saluti Cari dal compare compagno Cutolo». Tornando alle dichiarazioni rese da Cesare Battisti durante le sedute del 23 e del 24 marzo scorso, c’è da sottolineare che l’ex terrorista arrestato il 12 gennaio scorso a Santa Cruz, in Bolivia, e poi estradato in Italia, afferma che durante il periodo di latitanza non ha avuto mai rapporti, né qualsiasi tipo di appoggio da parte di elementi della criminalità organizzata italiana.
L’inizio della latitanza
durata più di 37 anni: l’evasione di Battisti
dal carcere di Frosinone
insieme al boss Luigi Moccia
La sua latitanza però inizia, proprio insieme a un giovanissimo Luigi Moccia (boss di Afragola sottoposto, nel 2018, al carcere duro). Tutto comincia nel primo pomeriggio del 4 ottobre del 1981, più di 37 anni fa. Quando due giovani detenuti per reati comuni nel carcere di Frosinone, evadono con l’aiuto di alcuni complici armati di pistola. I due detenuti sono appunto l’allora 26enne Cesare Battisti e Luigi Moccia (che di anni, all’epoca ne ha 24). Riguardo a quell’evasione restano molti dubbi, secondo gli inquirenti, circa gli appoggi forniti a Battisti e non si escluse mai con certezza che la fuga del terrorista fosse stata «aiutata» tramite l’azione di organizzazioni camorristiche, che avrebbero avuto rapporti con ambienti dell’estremismo rosso sia campano che laziale. Circostanza, quest’ultima che invece nega Pietro Mutti. «Moccia non era previsto», dice il 64enne intervistato dal quotidiano «La Verità» il 13 gennaio 2019. Mutti, ex Prima linea, fondatore dei Pac, è tra gli organizzatori del piano di fuga e tra i partecipanti al commando che fa evadere Battisti da Frosinone.