L’ex boss del rione Traiano, Gennaro Carra, ricostruisce il suo rapporto con l’ufficiale Mario Cinque e ammette: «Queste persone sono le peggiori. Se non fai il piacere, ti sfasciano le piazze di spaccio»
di Luigi Nicolosi
«Queste persone, cioè i carabinieri corrotti, sono i peggiori. Se non gli facevi il piacere che ti chiedevano ti sfasciavano le piazze di spaccio». Sta tutta qui, in questo breve passaggio, la sintesi del rapporto che l’allora boss del rione Traiano, Gennaro Carra, aveva instaurato con il carabiniere infedele Mario Cinque, uno dei due militari dell’Arma arrestati nel blitz di ieri mattina. Proprio l’ex capoclan di Soccavo, oggi collaboratore di giustizia, con le proprie dichiarazioni ha dato un impulso fondamentale alle indagini. E proprio Carra è stato uno dei principali accusatori dell’ufficiale finito in manette. Sul punto, il super pentito ha infatti rivelato una lunga serie di favori che sarebbe stato costretto a fare al carabiniere della compagnia di Bagnoli per non incorrere in perquisizioni e sequestri.
Emblematico, come si evince dai verbali allegati al provvedimento cautelare eseguito ieri, appare un episodio di ricettazione che sarebbe avvenuto, ferma restando la presunzione di innocenza fino a prova contraria, proprio su impulso di Cinque: «Nel 2015 – ha spiegato Carra – in occasione di un controllo mi disse che gli serviva un Mercedes Slk rubato, io risposi che mi sarei interessato. Effettivamente dopo circa un mese procurai tale Mercedes rubato, modello Slk di colore nero, e in occasione di un ulteriore fermo, il secondo, che ebbi da parte di Mario, lo chiamai in disparte e gli dissi che avevo la disponibilità di questa macchina. Gli chiesi come dovevo fare per fargliela avere e Mario mi disse di lasciargliela aperta con le chiavi sotto al parasole davanti al ristorante Mascalzone Latino di Pozzuoli, il cui proprietario era un suo amico. Non mi ha mai pagato la macchina. Da quel momento però io ho passato il guaio».
Dal racconto dell’ex ras del clan Cutolo di via Catone emerge dunque l’esistenza di un rapporto controverso. Da un lato Carra si sarebbe trovato costantemente sotto scacco e, a conti fatti, costretto ad assecondare le richieste del militare per non incappare in grane giudiziarie, ma ciò non toglie che anche lui abbia avuto un certo, non trascurabile tornaconto: «Nella maggior parte dei casi – ha aggiunto Carra – non mi inseriva in banca dati, cioè non mi registrava, tant’è che non mi controllavano proprio. Il giorno che mi fermò con Salvatore Amato io gli dissi di non farmi il fermo con tale Salvatore perché era una brava persona». Carra, come ha infatti spiegato lui stesso agli inquirenti della Dda, era infatti solito andare in giro armato. Anche quel favore ebbe però un prezzo: «Dopo qualche mese il carabinieri Mario, verso maggio, tornò alla carica per avere la barca (Amato era un imprenditore del settore, ndr) ma io gli dissi che siccome ero stato da poco scarcerato non avevo disponibilità economiche. Lui ha insistito almeno per il noleggio di un giorno e gli dissi che anche quello costava almeno 400-500 euro, tra benzina e altro. Viste le sue insistenze chiesi il piacere ad Amato, il quale gliela noleggiò, ovviamente avrei pagato io, cosa che non ho più fatto perché poi sono stato arrestato».