di Giancarlo Tommasone
Il metodo «sicuro», almeno nelle intenzioni, per riciclare i soldi delle estorsioni (o provenienti da altre condotte illecite) era stato trovato da Antonio Cristiano e Vincenzo Tolomelli, considerati dagli inquirenti, elementi apicali del clan Contini. I pagamenti da parte delle vittime avvenivano anche tramite bonifici bancari, effettuati su un conto corrente riconducibile a due incensurati, «Antonio Rinaldi e suo figlio Pasquale», è riportato nell’ordinanza (a firma del gip Roberto D’Auria). I quattro appena citati risultano coinvolti nell’inchiesta condotta contro l’Alleanza di Secondigliano (126 misure emesse, 214 indagati).
Il conto corrente «sicuro»
Le intercettazioni
«Tolomelli e Cristiano avevano individuato in Antonio Rinaldi, colui il quale avrebbe potuto provvedere a riciclare le somme e infine ostacolare l’accertamento circa l’origine illecita delle risorse finanziarie o patrimoniali utilizzate in operazioni economico-finaziarie», annota il giudice per le indagini preliminari.
Il passaggio
del denaro veniva
effettuato tramite
versamenti sul conto
di Antonio Rinaldi,
a cui aveva accesso
anche il figlio di quest’ultimo,
Pasquale
Avveniva dunque, ricostruiscono gli investigatori, che una volta immessi i soldi sul conto da parte di terzi, Antonio o Pasquale Rinaldi, ricevuta la richiesta da parte di Cristiano o di Tolomelli, prelevassero il denaro e lo fornissero materialmente ai due. La modalità era stata studiata nei minimi particolari, poiché i Rinaldi «risultavano incensurati, esenti dal controllo del territorio con affiliati al clan, e inseriti in contesti economici “puliti”: i perfetti riciclatori, dunque», è scritto nell’ordinanza.
Il particolare interessante che emerge, grazie all’attività di intercettazione e poi alle indagini sul conto corrente in questione, è relativo al fatto che le vittime di estorsione pagassero il pizzo con un bonifico. L’operazione era condotta verso il conto «sicuro» (dei Grimaldi).
La denuncia
di una vittima
di estorsione
Il pagamento
del pizzo
tramite bonifico
Al riguardo c’è anche il racconto di una vittima, che denuncia alle forze dell’ordine, quanto subìto da parte del clan: nello specifico, una richiesta estorsiva di 10mila euro. C’è traccia di bonifici da 2.500 e 2.000 euro che la vittima invia sul conto intestato ad Antonio Rinaldi. Il denaro verrà poi prelevato e fatto pervenire ad Antonio Cristiano. Secondo gli inquirenti, dunque, «Antonio Rinaldi assumeva il ruolo di vero e proprio cassiere del clan: a lui si rivolgevano non solo Antonio Cristiano e Vincenzo Tolomelli, ma talvolta, anche altri affiliati».