Alba di manette tra Villaricca e Giugliano, decapitato il gruppo Ferrara-Cacciapuoti. Il boss favorì la latitanza di Edordo Contini. Svelata la strategia per riciclare il denaro sporco: «Qui in città non vogliamo piazze di spaccio»
Alba di manette nell’hinterland nord di Napoli, spallata dello Stato al temibile clan Ferrara-Cacciapuoti, decapitato da un’operazione che stamattina ha portato all’esecuzione di 19 arresti e al sequestro di 11 società. Entrambi i vertici delle due famiglie mafiose Ferrara e Cacciapuoti sono stati arrestati dai carabinieri del nucleo Investigativo di Napoli e Castello di Cisterna che, nel corso delle indagini, hanno ricostruito la struttura del clan composto da ben 50 soggetti. Insieme alla guardia di finanza i militari dell’Aarma hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda e un decreto di sequestro d’urgenza di beni per circa 16 milioni d’euro.
Agli affiliati detenuti, è emerso, veniva garantito lo stipendio e anche le spese legali. Il sequestro preventivo riguarda società del settore immobiliare, edile, degli idrocarburi, della caffetteria e della ristorazione, nonché della vendita di generi alimentari. Società costituite – secondo i finanzieri del Gruppo di Giugliano in Campania e i carabinieri – riciclando gli ingenti proventi degli affari illeciti. I destinatari dei sequestri sono esponenti di vertice della frangia Ferrara che aveva una vocazione spiccatamente imprenditoriale nel settore dell’edilizia, della ristorazione, della commercializzazione di generi alimentari e, in particolare negli idrocarburi. E, malgrado traesse una parte cospicua delle proprie risorse dal traffico di stupefacenti, il clan ha tentato di garantire il “proprio” territorio imponendo di un divieto di spaccio a Villaricca. Nove sono invece le presunte estorsioni emerse dalle indagini ai danni di imprenditori edili, titolari di palestre e di sale giochi. Proprio questi ultimi erano tenuti a versare 70 euro per ciascun apparato presente in sala. Gli importi versati dalle vittime nelle casse della cosca variavano tra 1.500 a 5.000 euro al mese.
Dalle indagini sono emersi poi dettagli piuttosto singolari circa le attività dei presunti boss. «Sono io, davvero, sono andato in Sardegna per una vacanza, una volta, mi è costata 80-90 mila euro però, quell’anno, io ho guadagnato un milione e mezzo», affermava Francesco Ferrara, capoclan della cosca. La conversazione viene intercettata dai carabinieri durante le indagini: Francesco Ferrara fa riferimento a una vacanza risalente al 2010: «Solo di albergo io pagai ventiduemila euro, solo per dormire», diceva il boss che poi aggiungeva: «Non ho fatto niente in confronto a quello che mi sono guadagnato, perciò adesso mi sono scocciato».
A spiegare agli inquirenti come funziona lo spaccio di stupefacenti a Villaricca è il collaboratore di giustizia Vito Guadagno, le cui dichiarazioni sono riportate nell’ordinanza eseguita questa mattina: «I capi del clan Ferrara-Cacciapuoti ci tengono a sottolineare che essi non ammettono la gestione di piazze di spaccio a Villaricca perché essi si devono dedicare agli affari e non attirare i controlli delle forze dell’ordine», dice il pentito facendo emergere chiaramente la vocazione imprenditoriale di queste due famiglie mafiose. Secondo il collaboratore di giustizia, «non ci sono vere e proprie piazze di droga, lo spaccio viene realizzato solo telefonicamente, in maniera volante e ciò non è casuale, ma risponde a un preciso ordine dettato da Domenico Ferrara “’o muccuso”, il quale non vuole che i suoi affari imprenditoriali milionari vengano compromessi dai controlli sul territorio delle forze dell’ordine».
A parlare dei rapporti che il clan teneva con altre importanti componenti della camorra è invece il collaboratore di giustizia Giuseppe De Rosa, il quale riferisce agli inquirenti il 30 giugno 2015 di avere incontrato più volte il boss Edoardo Contini “’o romano” durante la sua latitanza. Il clan Ferrara aveva messo a disposizione di Contini un appartamento nei pressi della villa di Villaricca di Domenico Ferrara, componente di vertice dell’omonimo gruppo mafioso. Quest’ultimo svolgeva il ruolo di ufficiale di collegamento tra il boss Edoardo Contini e il reggente Patrizio Bosti, oltre che tra Contini e Bosti e il clan Mallardo (componente con i Contini e i Licciardi la cosiddetta Alleanza di Secondigliano). A Contini era stata anche riservata – riferisce ancora De Rosa – una dimora nei pressi di un noto parco giochi dell’hinterland a nord di Napoli. Questo l’elenco completo dei 19 arrestati: Domenico Cacciapuoti, 33 anni, Domenico Cacciapuoti, 37 anni, Filippo Cacciapuoti, 53 anni, Giuseppe Cacciapuoti, 61 anni, Luigi Cacciapuoti, 55 anni, Vincenzo Ciccarelli, 52 anni, Vincenzo D’Anania, 68 anni, Giulio D’Altrui, 51 anni, Domenico Ferrara, 63 anni, Francesco Ferrara, 55 anni, Giuseppe Maglione, 63 anni, Eduardo Mauriello, 60 anni, Giovanni Mauriello, 64 anni, Giuseppe Mauriello, 55 anni, Antonio Montella, 50 anni, Luigi Montella, 51 anni, Domenico Paragliola, 52 anni, Francesco Sarracino, 55 anni. Per Gennaro Palladino, 71 anni, il gip ha invece disposto i domiciliari.