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Home Inchieste e storia della camorra

Pizzo, la paura degli affiliati: non è che questo chiama le guardie?

di Redazione
28 Agosto 2019
in Inchieste e storia della camorra, Notizie di Cronaca
Tempo di lettura: 2 minuti
I boss (cognati fra di loro) Edoardo Contini e Francesco Mallardo

I boss (cognati fra di loro) Edoardo Contini e Francesco Mallardo

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Dall’ultima inchiesta che è stata condotta nei confronti di appartenenti al cartello che va sotto il nome di Alleanza di Secondigliano (formato dai clan Contini del Vasto-Arenaccia, Licciardi di Secondigliano e Mallardo di Giugliano), è emerso pure come le organizzazioni interessate dall’azione di magistratura e forze dell’ordine (oltre 120 misure di custodia cautelare emesse, 214 indagati) non fossero frenate da particolari ostacoli «territoriali», nell’esercizio delle proprie attività illecite.

L’approfondimento / «Hai sbagliato, sparati
da solo un colpo di pistola nella coscia»

Naturalmente, si fosse reso necessario uno sconfinamento, dovevano per forza di cose avere il placet della cosca «residente», vale a dire quella autoctona. E’ il caso, ad esempio di un episodio relativo a una estorsione che deve essere intascata dai Contini (per questioni di far quadrare le «mesate» tra i componenti del gruppo), ben oltre il limite della zona di competenza, a Giugliano.

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Nel mirino è finita una caffetteria, per recuperare il pizzo (una tranche da cinquemila euro) si recano sul posto Giuseppe Tolomelli e Salvatore Merolla. Naturalmente il via libera per compiere l’«operazione», è stato dato da un esponente di spicco del clan Mallardo (organizzazione che è radicata proprio a Giugliano) , tale Patrizio Picardi.

Quando gli affiliati
hanno paura della reazione
delle vittime sotto estorsione

Sintomatico di quanto possano essere potenti il diniego e la resistenza delle vittime, davanti a una richiesta estorsiva, è quanto afferma Tolomelli nel corso della conversazione (intercettata in auto) con Merolla. Tolomelli, evidentemente inviato di seconda mano, a riscuotere il pizzo dai suoi sodali del clan Contini, dimostra quasi di avere paura di recarsi in un posto lontano dalla sua zona, da persone che non ha mai «visitato» prima.

La prima domanda che fa a Merolla, infatti è: «Ma in questo bar, già si è andato qualche volta?». «Sì», lo rassicura Merolla. «Non è che adesso andiamo noi e questo chiama le guardie?», domanda ancora Tolomelli. Al che Merolla dice al suo sodale di non preoccuparsi: «No, ma quando mai».  Il piano prevede di raggiungere la caffetteria, presentarsi a nome del «compare Patrizio (Picardi)» e prendere i cinquemila euro.

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Qualcosa però non va come previsto. I due non riescono a riscuotere. A questo punto Giuseppe Tolomelli incarica il fratello Carmine (detto Memmello) di recarsi presso il bar, alle 17 dello stesso giorno per recuperare i 5mila euro. «Lo abbiamo preso in malo modo, adesso (si riferisce al gestore del bar, ndr)… Patrizio (Picardi) è venuto venerdì  e ha detto: andate là e pigliatevi i soldi. Vai, che vediamo di prenderci questi 5mila euro e facciamo mille euro ciascuno», dice Giuseppe Tolomelli al fratello Carmine.

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