di Giancarlo Tommasone
Tra i 214 indagati dell’inchiesta contro l’Alleanza di Secondigliano ci sono anche due persone residenti a Casalnuovo. La prima è Salvatore Percope (54 anni, risponde anche di altre accuse ed è tra i destinatari della misura cautelare in carcere), la seconda è Giacomo D’Inverno (classe 1963). Percope, in particolare, è considerato elemento di primo piano del clan Contini. D’Inverno, invece, è un ex assessore ed ex consigliere comunale.
Entrambi finiscono sotto la lente degli inquirenti
per un episodio di presunto voto di scambio.
Le elezioni sono quelle che si tengono il 31 maggio del 2015. «Tra i candidati consiglieri comunali nel partito Unione di Centro – che faceva parte della coalizione che sosteneva la rielezione a sindaco di Antonio Peluso – c’era anche Giacomo D’Inverno, consigliere uscente eletto nel 2010 nel partito Lista Civica», è scritto nell’ordinanza. Quelle consultazioni saranno vinte dal candidato sindaco Massimo Pelliccia, che al ballottaggio supererà Peluso.
Giacomo D’Inverno ottiene 280 voti, risultando il secondo più votato di Unione di Centro. Secondo le ipotesi accusatorie del pubblico ministero, la candidatura di D’Inverno fu sostenuta anche dal clan Contini, proprio attraverso la mediazione di Salvatore Percope. D’Inverno, argomenta il pm, ha ottenuto «i voti dal sodalizio malavitoso dietro il pagamento di circa 50 euro a preferenza».
A supporto della tesi dell’accusa, ci sono
i contenuti di intercettazioni telefoniche.
Nel corso di una conversazione avvenuta il 14 maggio
del 2015, i due indagati discutono di questioni
connesse alle imminenti elezioni comunali.
«Eh, no, hai capito. Vediamo pure il seggio qual è e ci regoliamo pure, capiscimi a me», dice Percope. Altra intercettazione degna di nota, secondo gli inquirenti, è quella del 25 maggio del 2015. La conversazione avviene tra Percope e suo figlio. «Senti, che volevo dire, ma glielo hai detto ai compagni tuoi, il fatto di Giacomino? (Giacomo D’Inverno, ndr)», dice Percope. «Sicuro, sicuro siamo sei di noi», risponde il figlio. «Che date il voto a Giacomino?», chiede ancora il padre.

«Sì, babbo», risponde il figlio. Dai contenuti della conversazione, è scritto nell’ordinanza, «si capiva chiaramente che Percope, era impegnato alla ricerca di voti in favore di D’Inverno». Preferenze che, sottolineano gli inquirenti, sarebbero state pagate 50 euro ciascuna. Il giorno prima delle elezioni, vale a dire il 30 maggio 2015, viene intercettata un’altra conversazione, sempre tra Salvatore Percope e il figlio. In tale circostanza, «si intuiva che D’Inverno aveva dato 50 euro al figlio di Percope, per il tramite del padre, per il suo voto ed era disponibile a dare la stessa somma a tutti gli amici del giovane, che avrebbero votato per lui».
Dopo aver detto al figlio che gli ha lasciato «50 euro (tua), e 50 euro per la bottiglia di stasera (si fa riferimento presumibilmente a una bottiglia di spumante che i ragazzi consumeranno in discoteca)», Percope lo invita ad andare a trovare D’Inverno, quello stesso pomeriggio, insieme ai suoi amici.
Poco dopo aver concluso la conversazione col figlio, Percope avvisa telefonicamente il candidato consigliere della visita che effettueranno i ragazzi.
«Oggi pomeriggio – afferma – viene mio figlio con i suoi amici». In effetti il pomeriggio del 30 maggio il giovane e i suoi amici incontrano D’Inverno e secondo gli inquirenti, in tale occasione, l’esponente politico avrebbe consegnato «le banconote da 50 euro agli amici del figlio di Salvatore Percope, in cambio dei voti», è scritto nell’ordinanza. Va detto, per dovere di cronaca, che il gip, pur riconoscendo il «mercimonio del voto amministrativo cui è ricorso il candidato D’Inverno con l’ausilio di Percope per ottenere l’elezione», ha comunque ritenuto che in tale condotta in favore di D’Inverno, Percope non abbia agito per conto del clan, ma individualmente.