Francesca Bianco: non sono vicini a una possibile eruzione
Un nuovo studio scientifico condotto dall’University College di Londra in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha rivelato che la parte più superficiale, la crosta, della vasta caldera dei Campi Flegrei, nell’area di Pozzuoli, ha subito cambiamenti nel corso del tempo diventando meno elastica e mostrando la comparsa di fratture. Tuttavia, gli autori della ricerca hanno chiarito che tali fenomeni non implicano il rischio imminente di eruzioni vulcaniche, ma potrebbero segnare la fine del sollevamento dell’area e un graduale «sgonfiamento».
Francesca Bianco, responsabile del dipartimento Vulcani dell’Ingv, ha sottolineato che alcuni titoli allarmistici apparsi su alcuni media internazionali non corrispondono alla realtà: «A differenza da quanto è stato titolato da alcuni, possiamo dire che i Campi Flegrei non sono vicini a una possibile eruzione». La ricercatrice ha inoltre spiegato che l’area è soggetta a fenomeni di «unrest» o «non riposo» dal 2012, con un livello di allerta gialla già a partire dal 2005, a causa di attività sismica più frequente, sollevamento del terreno e caratteristiche chimiche delle fumarole.
I gas di origine magmatica
Bianco ha chiarito che l’analisi dei dati ha rivelato la presenza di gas di origine magmatica in profondità, ma senza la presenza di magma. Questi gas interagiscono con il sistema idrotermale nella caldera, generando le dinamiche osservate. Lo studio ha poi analizzato come i fenomeni di rigonfiamento della crosta, che si sono verificati più volte nel corso del XX secolo, abbiano influenzato le caratteristiche strutturali della stessa, rendendo la roccia meno elastica e più suscettibile alla fratturazione.
La direttrice del dipartimento Vulcani ha affermato: «In un contesto di questo tipo ove mai la situazione dovesse cambiare, passando dall’attuale attività idrotermale ad attività magmatica, allora la risalita del magma potrebbe trovare meno ostacoli nella risalita. Ma perché ciò avvenga servirebbe che ci sia del magma in superficie. Gran parte degli studiosi e tecnici sono concordi nel dire che non c’è magma in superfice. Se non c’è magma, non c’è neanche la possibilità di vedere scenari catastrofici, ossia un’eruzione». Nell’attuale scenario, la tendenza alla fratturazione potrebbe addirittura favorire la liberazione dei gas presenti nel terreno, portando alla cessazione dei fenomeni di bradisismo e contribuendo al ribasso del suolo che si è sollevato in questi anni.