di Giancarlo Tommasone
Nel 2008 era appena maggiorenne e una lacrima tatuata non gli solcava ancora la gota sinistra. Non aveva nemmeno il pizzetto, Walter Mallo. Allora non era ritenuto un boss emergente. Nel 2008, lo stesso anno in cui esce «Gomorra» di Matteo Garrone, c’è un altro film, è girato a Scampia, il budget è low, una produzione ridicola rispetto a quella della pellicola ispirata al best-seller di Roberto Saviano.
Non ci sono paragoni, diciamolo subito, nessuno se ne ricorderà. E’ una sorta di girato amatoriale che narra la storia di Sasà, un boss ragazzino nato e cresciuto all’ombra delle Vele, che si mette in testa di fare la scalata e prendere il posto del padrino, tale don Gennaro. Il film si intitola «Il ragazzo di Scampia», per la regia dello sconosciuto Luigi Riccio.
In comune con «Gomorra», scrivevamo, ha l’anno di uscita (ma non al cinema, al massimo su YouTube, si badi bene) lo sfondo delle Vele, poi nient’altro.
Pessima recitazione, pessimi dialoghi, sceneggiatura quasi inesistente. Ma c’è qualcos’altro, un particolare che lo rende quantomeno un documento. Al film, infatti, partecipa anche Walter Mallo. Il suo nome compare all’inizio e alla fine della pellicola. Nei titoli di coda è inserito tra gli «attori» che hanno partecipato.
Sulla fila di sinistra il nome: Walter Mallo; su quella di destra il personaggio che interpreta: Walter (amico di Sasà). L’allora diciottenne è un picciotto del protagonista, del baby-boss che lo chiama Valtér e gli chiede di fare uno scippo perché il clan ha bisogno di soldi.
Valtér esegue gli ordini, sceglie un altro ragazzo della paranza, sale in sella allo scooter e va a mettere a segno il colpo. Poi porta il maltolto a Sasà e dice che resta a sua disposizione.
Appare in qualche altra scena, si vede ad esempio insieme agli affiliati che gestiscono una piazza di spaccio, ma resta sempre sullo sfondo. Quando parla, Mallo è impacciato, lontano anni luce dal ruolo che pochi anni dopo avrebbe avuto, anche se per pochi mesi, sullo scacchiere dell’area nord.
Il ruolo non in una pellicola, ma nella realtà, che ironia della sorte, sulla falsa riga della trama del film in cui compare, lo porterà a misurarsi con un altro clan, quello dei Capitoni di Miano.
Diventa una spina nel fianco dei Lo Russo, Mallo; li vuole scalzare ad ogni costo, per la conquista delle piazze di spaccio (quelle vere) del Rione don Guanella.
Il boss pentito Carlo Lo Russo spiegò ai magistrati: «Avevo dato ordine a Luigi Cutarelli di uccidere Mallo e poi di tagliargli la testa, portarla con lui e poi lasciarla in un water al centro del Rione don Guanella. L’idea mi venne perché lui si chiamava Walter, come il gabinetto». La macabra idea non si concretizzò, anche perché Mallo fu salvato dall’arresto. I carabinieri lo scovarono in un appartamento del rione, il 5 maggio del 2016. Aveva 26 anni all’epoca, ne erano passati otto dall’uscita de «Il ragazzo di Scampia».

Nei giorni scorsi, Mallo è stato assolto dall’accusa di associazione di stampo camorristico per la sua presunta appartenenza al clan Genidoni della Sanità. Nell’ambito di un altro processo, nel 2017, è stato invece condannato in primo grado, accusato di essere capo e promotore di una cosca tutta sua, la paranza del Rione don Guanella.
Chissà, magari se la pellicola avesse sfondato, oggi la sua storia sarebbe diversa. Si parlerebbe della star del cinema indipendente Walter Mallo. Del resto il nome da attore ce l’ha. Solo quello, però.