di Giancarlo Tommasone
Nei giorni terribili di Napoli, quelli della sparatoria in Piazza Nazionale, che tiene la città con il fiato sospeso per le sorti della piccola Noemi, e che ieri ha portato a manifestare alcune centinaia di persone, c’è da rilevare il caso di una interpellanza lanciata dal criminologo savianese, Francesco Franzese.

La petizione, on line da alcuni anni sulla piattaforma change.org, si è chiusa con la raccolta di centomila firme: centomila adesioni per chiedere il trasferimento del superboss della Nco, Raffaele Cutolo (a dicembre prossimo compirà 78 anni), dal carcere ai domiciliari. Pentito davanti a Dio, ma irriducibile davanti allo Stato, alla legge e agli uomini, il padrino di Ottaviano è in carcere da più di 55 anni, 25 dei quali passati in regime di 41bis.
Il depositario di segreti inconfessabili
dal sequestro Moro al rapimento Cirillo
Si è più volte detto depositario di segreti «inconfessabili», custode di documenti che, a suo dire, farebbero luce su un periodo che va dalla fine degli anni Settanta alla metà degli anni Ottanta, lasso di tempo in cui avvengono, giusto per ricordare un paio di episodi da considerarsi «epocali», il rapimento e la liberazione di Ciro Cirillo, e l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro. Non ha mai taciuto «il professore» con la licenza elementare (così ribattezzato per il fatto che portasse gli occhiali e scrivesse un po’ meglio del resto dei carcerati), di essere a conoscenza e di aver giocato un ruolo di mediatore tra certi «apparati dello Stato», politica, criminalità organizzata e estremismo nero e rosso. Nei fatti, oltre ad alcune verità emerse da inchieste della magistratura e avallate da sentenze – ci riferiamo soprattutto al caso Cirillo – i «misteri» continuano ad essere tali da più di 40 anni.
L’intervista a Stylo24 della moglie Immacolata Iacone: Raffaele gode ancora di tante simpatie
Perché, non essendo un collaboratore di giustizia, Raffaele Cutolo non ha potuto mai dare serio sostegno a risolvere detti misteri, e a 78 anni, continua a rappresentare un simbolo del male, incarnazione della camorra come lo è stato Totò Riina per la mafia. Innegabile lo spessore criminale e il carisma, che come pure rilevato da Stylo24, dopo una intervista a Immacolata Iacone (moglie di Cutolo, ndr), continua ad attrarre le «simpatie» di molte persone, le stesse che, presumibilmente comprese tra le 100mila che hanno sottoscritto la petizione per la scarcerazione, hanno lasciato sui social messaggi di sostegno nei confronti del padrino. Che se è vero, è in condizioni precarie di salute, aggravatesi alla fine del 2017 (come rivelato sempre da Immacolata Iacone al nostro giornale), è altrettanto vero che è stato a capo di una organizzazione criminale che ha contribuito, per anni, con la sua azione di anti Stato, ad affossare l’economia della nostra regione, ed ha arrecato lutti, disperazione e ferite che mai si rimargineranno, per centinaia di familiari delle vittime.
A tal proposito, commentando la notizia della petizione per la scarcerazione del boss, Annamaria Torre (referente provinciale per la memoria di Libera Salerno), figlia del sindaco di Pagani, assassinato l’undici dicembre del 1980 su ordine di Raffaele Cutolo, è intervenuta con un post, sul suo profilo Facebook. «Scusatemi se invado con questo post mentre c’è Noemi che combatte tra vite e la morte, ma sento il bisogno d’intervenire senza essere giustizialista o altro, essendo costui il mandante dell’omicidio di mio padre… come da sentenza del 2001 confermata in Cassazione nel 2002, chiedo solo la Resurrezione della verità per tutte le sue vittime… la giustizia ripartiva è possibile se se si ammettono i propri errori e si collabora con la Legge», scrive Annamaria Torre.

In effetti non si tratta di essere «giustizialisti» o «garantisti», ma di considerare che davanti a una scelta di vita del genere, quella del boss, che non si è mai allontanato né dissociato dal proprio passato attraverso la collaborazione con la giustizia, non si può mettere sul tavolo della discussione l’argomento della scarcerazione. Va pure sottolineato, per dovere di cronaca, che nel corso della sua detenzione, Cutolo non ha mai chiesto sconti.

Detto ciò, e rispettando l’opinione di ognuno, c’è da rilevare che 100mila persone (un napoletano su dieci, la città partenopea conta circa un milione di persone) hanno siglato la petizione per chiedere i domiciliari per il boss di Ottaviano. Un numero davvero notevole. Alle 100mila persone, ci sentiamo di dire, che invece di firmare la sottoscrizione per Cutolo, sarebbe stato meglio se si fossero soffermate sulle vittime mietute dalla camorra, e sul dolore che continuano a provare i familiari di chi è stato ucciso perché si è opposto alle organizzazioni malavitose, o si è trovato al centro di un conflitto a fuoco, o è stato scambiato per un appartenente al clan avverso, oppure è stato ammazzato per compiere una vendetta trasversale.

Tra i «caduti» per mano delle mafie ci sono anche dei bambini. Invitiamo quei centomila, e chi abbia intenzione di siglare un’altra eventuale petizione per la scarcerazione di un criminale, di rivolgere, invece, una preghiera per la piccola Noemi, che combatte per la vita, dopo essere stata centrata da un proiettile esploso nel corso di un regolamento di conti tra delinquenti, in Piazza Nazionale a Napoli. Solo così, forse, potremmo sperare di salvarci.