I verbali agli atti del processo ’Ndrangheta stragista, i rapporti tra estremisti di destra e Cosa nostra. Invece i cutoliani erano «simpatizzanti» delle Br
di Giancarlo Tommasone
I legami tra ambienti eversivi di destra e organizzazioni criminali, in particolar modo Cosa nostra e mafia calabrese, sono stati accertati da numerose inchieste giudiziarie. Emergono anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia finite agli atti del processo ’Ndrangheta stragista (che si è concluso alla fine di luglio scorso con la condanna all’ergastolo dei boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone).
Il summit / La camorra partecipò alla riunione
della ’Ndrangheta al Santuario di Polsi
A ribadire l’esistenza di rapporti tra «neri» e mafiosi, è stato pure il pentito Nicola Notargiacomo (per anni inserito in una potente cosca di ’Ndrangheta del Cosentino). «Ho conosciuto Giuseppe Graviano nel 1988 – racconta Notargiacomo – quando mi recai a Palermo insieme a Stefano Bartolomeo, e a mio fratello Dario. Avevo rapporti con i siciliani in quanto in carcere a Trani, nel 1985 io e Bartolomeo avevamo conosciuto Nino Marchese» .
Quei 25 chili di tritolo regalati ai calabresi
«Io – continua il pentito – all’epoca ero inserito nel gruppo Perna, operante nella zona del Cosentino. Si instaurò un rapporto privilegiato proprio con Giuseppe Graviano. Iniziammo a scambiarci, armi, esplosivi, droga. Più precisamente noi vendevamo a Giuseppe Graviano e a tutta la famiglia di Brancaccio, armi automatiche (Uzi, kalashnikov, ecc…), acidi, loro vendevano a noi stupefacenti del tipo cocaina ed eroina, inoltre ebbero a regalarci del tritolo per un quantitativo di circa 25 chili».
I «neri» delle carceri e i rapporti
con Cosa nostra siciliana
Relativamente ai rapporti tra Cosa nostra ed eversione di destra, il pentito fa mettere a verbale: «Giuseppe Graviano era molto legato – ma lo erano anche Leoluca Bagarella (cognato di Totò Riina) e Nino Marchese – a Mario Di Curzio, detenuto nel periodo 1985-88, nel carcere di Ascoli Piceno, noto estremista di destra ergastolano e killer delle carceri. Persona, la cui conoscenza, è ovviamente utile in ambito carcerario. Ciò mi venne detto da Nino Marchese in carcere a Trani, prima che Stefano Bartolomeo fosse trasferito ad Ascoli Piceno (o San Benedetto del Tronto, non ricordo). In pratica, Marchese, saputo del trasferimento, spiegò che Bartolomeo poteva contare sull’amicizia di questo estremista di destra, Di Curzio, che era amico suo, di Giuseppe Graviano e di Bagarella. Preciso che a Trani era detenuto con noi anche Leoluca Bagarella. Entrai in amicizia anche con lui. Ricordo che sia Bagarella che Marchese, nel corso delle conversazioni che avevamo in carcere, mi dicevano che per loro quelli dell’estrema destra erano come “fratelli”, mentre, sostenevano, i brigatisti se avessero potuto, li avrebbero uccisi tutti (quelli di Cosa Nostra)». Di contro, i brigatisti, sarebbero stati – anche per una questione squisitamente ideologica – più «vicini» alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo.
L’intervista / L’ideologo delle Br: i cutoliani
si consideravano un movimento sociale
A ribadire questo concetto, uno degli ideologi delle Brigate rosse, Enrico Fenzi (dissociatosi dalla lotta armata già a partire dal 1982, dopo circa sei anni di militanza). Nel corso di una intervista resa a Sergio Zavoli, il professor Fenzi (ex docente di Letteratura italiana all’Università di Genova) rispondendo proprio a una domanda sulla Nco, definì i cutoliani come «un movimento sociale».
L’offensiva della Nf / «L’ok della ’Ndrangheta
a Fabbrocino per uccidere il figlio di Cutolo»
Relativamente alla presunta esistenza di rapporti tra camorra e Giovanni Senzani (cognato di Fenzi, e per un lungo periodo a capo del gruppo delle carceri e della colonna napoletana delle Br), Fenzi afferma: «No, non ne ho sentito mai parlare, però ho potuto constatare durante la mia esperienza carceraria, che la camorra che, in particolare si richiamava a Cutolo, e quindi i cutoliani in quanto tali, si consideravano non tanto una banda criminale, quanto un movimento sociale». Realtà, continua Fenzi, «con forti connotati antistatali ed eversivi e forti contenuti di solidarietà popolare. Ho trovato una fortissima simpatia da parte di questi camorristi verso le Brigate rosse, fortissima, quasi un’adesione».