di Giancarlo Tommasone
Verde come la speranza, come il parco di edilizia pubblica di Caivano. Verde come l’infanzia, che da queste parti va preservata come il più prezioso dei doni. Quasi mai accade, a volte sì. Lo sa bene Bruno Mazza, fondatore dell’associazione ‘Un’infanzia da vivere’.
Una ‘vita faì, Bruno era nell’esercito formato da 160 elementi, cartello del male guidato dal boss dell’epoca, Alfredo Russo
La testimonianza di Mazza è stata raccolta dal giornalista iberico David Beriain e inserita nel video-reportage «Baby Camorra» per il format «Clandestino». Documento che Stylo24 ha visionato in anteprima europea. «La mia storia comincia quando avevo 9-10 anni, insieme a un altro gruppo di bambini. Intorno a noi c’era il niente, mancanza assoluta di strutture, presenza zero delle istituzioni. Abbiamo cominciato ad esternare il nostro disagio attraverso azioni di danneggiamento o con le scritte sui muri», racconta Mazza.
Dagli atti di vandalismo, il passaggio alla camorra
«Voglio premettere – spiega l’ex camorrista – che ho perso mio padre a 11 anni e quindi il boss per me era una guida spirituale, lo vedevo come il mio papà. Era il mio punto di riferimento. Del resto da ragazzini eravamo attratti dal fascino di questi personaggi e non essendoci alternative, io, come tanti altri della mia età siamo entrati a far parte del sistema».
Mazza, oggi 37enne, entra nell’organizzazione a 15 anni e mezzo. A diciotto era già considerato il braccio destro di Russo. «La svolta arriva una mattina di marzo quando io e Russo veniamo arrestati. Il boss decide di collaborare con la giustizia e attraverso le sue rivelazioni, fa emergere l’esistenza di una struttura formata da circa 160 persone, che avevano monopolizzato il traffico di droga e le altre attività criminali all’interno del Parco Verde». Ma come matura il cambiamento? Chiede Beriain. «Al chiuso del carcere, ho dovuto scontare una pena di 10 anni e otto mesi. Io ho sbagliato, io dovevo pagare per cambiare vita. E’ in quel lasso di tempo che è cominciata la mia nuova esistenza». «Del mio gruppo facevano parte altri 13 ragazzi, sono morti tutti: durante conflitti a fuoco, agguati di camorra, uso di droga. Il più piccolo aveva 14 anni, il più grande neanche 28», racconta ancora Mazza.
E il fattore scatenante per la «conversione»?
Quando, Mazza, dice basta con la camorra?
«Due mesi prima che uscissi dal carcere ho perso mio fratello per droga. Una volta in libertà mi resi conto che i miei 2 nipotini non avevano un papà, come accadde per me. Rivedo in quei bambini me stesso: è da lì che nasce l’associazione di volontariato ‘Un’infanzia da vivere’», spiega il 37enne. «Nasce per dare alle nuove generazioni, tutto ciò che la mia non ha potuto avere. Nasce per dare la possibilità ai bambini di vivere la propria infanzia», conclude Mazza.
(V – Continua)
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