di Giancarlo Tommasone
Si conclude, con il capitolo dedicato a un trafficante di armi, il ciclo che Stylo24 ha dedicato alle anticipazioni di «Baby Camorra», documentario che la nostra redazione ha visionato in esclusiva e in anteprima europea. Il video-reportage è stato realizzato a Napoli dal giornalista iberico David Beriain per il format «Clandestino». Un viaggio che si snoda attraverso la narrazione delle giovani organizzazioni malavitose partenopee, dei baby-boss e degli affari illeciti praticati.
L’aspetto militare è fondamentale per i clan, che spesso
si trovano ad affrontare faide e vere e proprie guerre per la difesa
del territorio e la conquista di ulteriore spazio per i propri traffici.
E per fare la guerra servono le armi, ne servono tante. Sul letto ci sono pistole di diversi modelli, mitragliette Uzi e kalashnikov. Da dove vengono? Chiede Beriain al trafficante. «Dall’Albania, dalla Serbia. Le portano con le macchine qui in Italia. Molte sono armi provenienti dal mercato nero, sempre dall’Albania, o dalle fabbriche direttamente», risponde il «mercante».
Quali sono le armi che ha in «dotazione» la camorra?
«Kalashnikov, molti kalashnikov. Sono armi molto potenti, sparano bene, precise. Ma pure pistole, granate, bazooka», spiega l’uomo. Che poi racconta come si sviluppa la sua attività: «Ad esempio, io vi dico che al momento ho a disposizione tre kalashnikov, quattro pistole. Se vi conviene, faccio un prezzo unico e vi vendo tutto. E’ difficile che venda un solo pezzo, di solito vendo quanto più possibile (intende tutto il campionario)».
I camorristi, chiede il giornalista, sono coinvolti nella gestione del traffico delle armi o sono soltanto dei clienti? «Solo clienti, comprano molte armi», risponde l’interlocutore che poi sottolinea un particolare relativo agli omicidi:
«Quando si vanno a fare i morti, le armi che hanno ucciso
non si possono lasciare là, né si possono utilizzare
per far un secondo morto. Perché se poi le guardie
te le trovano, ti accollano due omicidi».
Si riferisce al fatto che ogni arma, quando spara, lascia tracce distintive uniche. «Per questo – continua – devo tenere sempre armi nuove da vendere». E poi si passa ai prezzi, il trafficante imbraccia un fucile mitragliatore e dice che in Italia si vende per 3.500 euro, ne prende un altro e afferma: «Siamo sui 3.000-3.500, sono sempre questi i prezzi dei mitra».
Questo è il prezzo al dettaglio che pratica per i suoi clienti,
ma quanto costa acquistarlo in fabbrica?
«Circa 600-700 euro», fa l’interlocutore di Beriain. A vendere armi si guadagnano molti soldi, sottolinea ancora e poi passa a illustrare il campionario delle pistole: il valore di quelle appoggiate sul letto va dai 2.000 ai 2.600 euro. Brandisce una mitraglietta modello Uzi e la descrive: «Questa è un’arma militare, potente, uccide molto». Imbraccia un mitra e da commerciante (di morte) qual è ne spiega le caratteristiche: «Con questo si può far saltare il cervello alle persone, ridurlo in pezzi».
Quante sono, secondo lui, le armi che in questo momento possiedono i camorristi a Napoli? Chiede il giornalista. «Molte, 3.000-4.000, gli servono per le guerre. Perché chi ha più armi, vince», risponde.
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(VIII – fine)