Archiviata l’uscita infelice sulla morte di Maradona, Antonio Cabrini torna a parlare ai media. Intervistato dal Corriere della Sera, l’ex bandiera della Juventus e della Nazionale rivive i suoi anni giovanili:
Antonio Cabrini racconta la sua storia al Corriere della Sera
“Per anni mia madre ha risposto personalmente alle centinaia di lettere che arrivavano a casa. Se Gianni Brera mi chiamava il bell’Antonio? Ma mi fa parlare di questo oggi che ho 64 anni, una moglie e due figli grandi? A casa comunque, lo ribadisco, arrivavano migliaia di lettere. Mamma rispondeva con pazienza a ogni singola dichiarazione, tanto che un giorno quelli delle Poste ci telefonarono: siccome li stavamo rendendo ricchi, vollero concederci una specie di annullo postale. No, in casa ho ancora cinque sacchi di quelli neri, dell’immondizia, pieni di lettere inevase. Povera mamma a un certo punto ha detto basta, non ne poteva più. A un certo punto ci ritrovammo con una specie di museo in casa: trecce, ciocche di capelli, biancheria intima, fotografie, anelli”.
Il racconto di Cabrini al Corriere della Sera
I compani lo prendevano in giro per il grande successo che riscuoteva con il gentil sesso: “Una volta andammo a inaugurare uno stadio a Campobasso. Arrivammo con il pullman, figuriamoci se si poteva parlare di servizio d’ordine. I miei compagni decisero di farmi andare in avanscoperta per farsi quattro risate e così mi buttarono giù quasi di peso: nei circa cinquecento metri dal parcheggio all’albergo ho perso la camicia, mi hanno strappato parte dei pantaloni e mi sono ritrovato con le mani piene di catenine d’oro”.