LA STORIA DELLA CAMORRA Il collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri: preferì non reagire ai soprusi del figlio di Ciruzzo ’o milionario
«Posso datare l’allontanamento di Raffaele Amato da Secondigliano, nel periodo di gennaio-febbraio del 2003, perché poco prima mi aveva portato una ambasciata da parte di Cosimo Di Lauro. Io, all’epoca, ero latitante», è quanto fa mettere a verbale il collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri, il 30 maggio del 2008, chiamato a raccontare delle cause che innescarono la Scissione dal clan Di Lauro. Prestieri descrive anche i motivi che portarono Amato a trasferirsi in Spagna.
«La decisione di ’o Lello (Amato, ndr) fu presa perché preferì non reagire ai soprusi che gli venivano fatti da Cosimo Di Lauro (al comando del clan, in seguito alla successione ideata dal padre). Amato avrebbe dovuto uccidere Cosimo, ma non lo fece per l’affetto che lo legava a Paolo (padre di Cosimo), e allora decise che sarebbe stato meglio andarsene in Spagna. Porto con sé la famiglia e quindi anche i Pagano (Cesare Pagano è il cognato di Amato, ndr)». In Spagna trova rifugio anche Prestieri, inseguito da un mandato di cattura; proprio in territorio iberico, a Marbella, viene catturato nel giugno del 2003.
Lo scenario / La maledizione lanciata al boss
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«Quando ero latitante, siamo nell’aprile del 2003, venne a trovarmi mio nipote. Quest’ultimo mi disse che all’aeroporto di Barcellona, aveva vistoGennaro Marino e una persona, il cui nome, al momento, non ricordo. Questi ultimi dissero a mio nipote, che si trovavano lì per andare a vedere il gran premio di Formula 1. Però, sia io che mio nipote capimmo che stavano andando a incontrare Raffaele Amato», sottolinea il collaboratore di giustizia.
Che spiega: «La circostanza mi fece giungere alla conclusione che era in atto qualcosa di grave, perché gente di fiducia del gruppo Pariante (Marino, appunto) andava a incontrarsi con Amato, che era chiaramente in contrasto con Cosimo Di Lauro. Lo stesso Amato, in qualche occasione, mi aveva detto che la decisione di nominare Cosimo suo successore, non era stata una scelta indovinata».