L’ex boss della Vanella Grassi rivela la strategia militare dei Di Lauro e tira in ballo i figli di “’o milionario”: «Aspettavamo solo gli ordini, i parenti degli Scissionisti dovevano morire»
di Luigi Nicolosi
Un manipolo di sicari pronti a mettere a ferro e a fuoco le strade di Scampia e Secondigliano da un momento all’altro. Il tutto sotto la guida degli allora giovanissimi, ma già indiscussi, capi della cosca di cupa dell’Arco. A distanza di quasi vent’anni la faida che vide contrapporsi i Di Lauro e gli Scissionisti continua a offrire nuovi inquietanti retroscena e la gola profonda è questa volta l’ex ras Antonio Accurso, che con le sue rivelazioni finisce per tirare il ballo due dei figli di “Ciruzzo ’o milionario”: «Delle squadrette facevo parte anch’io e le organizzavano Marco e Ciro Di Lauro, mentre Cosimo stava sulla casa».
È il 9 marzo 2015 quando il super pentito Antonio Accurso, ex uomo dei Di Lauro e in seguito capo della Vanella Grassi, rende agli inquirenti della Dda di Napoli una lunga e circostanziata deposizione. Il verbale di quell’interrogatorio rappresenta uno dei pilastri dell’inchiesta che pochi giorni fa ha portato all’arresto dei quattro presunti responsabili degli omicidi di Domenico Riccio e dell’innocente Salvatore Gagliardi, uccisi in una tabaccheria di Melito nel novembre 2004, nel pieno della prima faida di Scampi e Secondigliano. Ed è proprio ripercorrendo le tappe di quell’atroce stagione di morte che Accurso ha ricostruito il ruolo che i rampolli del clan Di Lauro avrebbero avuto nelle fasi iniziali della guerra.
Sul punto, il collaboratore di giustizia ha rivelato: «Nel 2004, nei primi giorni della faida, io ero presente nei giardinetti del rione dei Fiori dove si organizzavano le cosiddetta squadrette, ossia i gruppi di fuoco dei Di Lauro che dovevano uscire per commettere omicidi, ossia uccidere, neanche gli Scissionisti, che non sapevamo al momento dove fossero, ma bensì i loro parenti». A questo punto Accurso fa i primi nomi: «Di queste squadrette facevo parte anch’io e le organizzavano Marco e Ciro Di Lauro, mentre Cosimo stava sulla casa. Marco voleva uscire con le squadrette per commettere gli omicidi ma Ferdinando Emolo, Ugo De Lucia, Antonio Mennetta, Giuseppe Pica, Salvatore Tamburrino, Nunzio Talotti e Gennaro Puzella lo dissuadevano. Gli altri ossia Mario Buono e Luigi Giannino sopraggiunsero dopo una settimana, dieci giorni».
Il collaboratore di giustizia Antonio Accurso insiste quindi sulle figure dei due figli del capoclan Paolo Di Lauro: «Quanto al ruolo di Ciro e Marco Di Lauro era quello di fare la spola tra la casa del fratello Cosimo e le case dietro al bar di Pierino nel Terzo Mondo dove erano appoggiate queste squadrette in attesa degli ordini circa le persone da uccidere. Gli ordini venivano decisi nella casa dove era Cosimo, presenti i tre fratelli. A noi l’ordine lo poteva poi trasferire Giuseppe Pica. Voglio precisare che il mio gruppo, ossia quello di Salvatore Petriccione, sostava poco su queste case facendo base a Melito»