Il ragazzo è stato ucciso da un carabiniere il primo marzo scorso, mentre provava a mettere a segno un colpo
di Giancarlo Tommasone
Salita Paradiso, dalle parti di Via Pasquale Scura, laddove inizia Spaccanapoli. Siamo ai Quartieri Spagnoli. E’ in un vicoletto cieco, nascosto, che è stata allestita l’edicola in memoria di Ugo Russo, morto all’età di 15 anni, il primo marzo scorso. Dei fiori davanti alla foto del ragazzino che posa in abito nero e papillon tono su tono, di fronte alcune sedie di plastica. Sul muro dirimpetto un cuore di polistirolo azzurro, recita la frase: Ugo, resterai sempre nei nostri cuori. Sotto la foto, una lastra di marmo scuro con la scritta: Ugo Russo Vive. E’ una delle vittime della mala Napoli, il 15enne, fagocitato troppo presto da una città bellissima e violenta, estrema, dove, se vuoi sopravvivere devi imparare subito a scegliere.
Ma scegliere in fretta e bene è tutt’altro che facile. E, soprattutto, in certi ambienti, in certe zone di Napoli, a scegliere la strada giusta non te l’insegna nessuno. Magari, dopo, quando ormai scegliere non servirà più, ti potranno dedicare un murale, potranno appendere striscioni che chiedono «verità e giustizia». Tutti elementi di contorno, che serviranno solo ad aprire dibattiti, a spaccare l’opinione pubblica sul fatto se sia giusto o meno «ricordare e omaggiare» ragazzi morti nel corso di azioni criminali, giovani vite spezzate per aver fatto una scelta sbagliata.
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dedicato al baby-boss Emanuele Sibillo
Ecco, la scelta sbagliata, la stessa che ha portato Ugo Russo, figlio dei Quartieri Spagnoli – di quella Napoli, che sa essere allo stesso tempo brutta, sporca e cattiva, verace e sublime – a morire a 15 anni, ucciso da un carabiniere libero dal servizio, nel corso di un tentativo di rapina. «Il dolore è di chi lo tiene», recita un vecchio adagio che si sente sussurrare spesso dalle nostre parti. Ed è una sacrosanta verità. Qui non si vuole entrare nella sfera intima del dolore straziante di un padre, di una madre che hanno avuto la disgrazia di sopravvivere a un figlio, ma si vuole raccontare di un fenomeno che sta prendendo sempre più piede in città. Sul nostro quotidiano abbiamo spesso evidenziato come, negli ultimi anni si assista a una sorta di spettacolarizzazione della camorra. Ricordiamo ancora una volta le scritte lasciate sui muri per omaggiare il baby-boss Emanuele Sibillo (ucciso a 19 anni nel corso di una sparatoria con gli esponenti di una famiglia rivale), la cappella che hanno realizzato in sua memoria, i disegni per omaggiarlo, il taglio di capelli in cui spiccano le cifre E. S. 17, «incise» dietro la nuca di simpatizzanti della malavita pop e del 19enne che provò la scalata ai clan del centro cittadino.
I murales dedicati a Ugo Russo e a Luigi Caiafa
Un murale, a Sibillo, non l’hanno ancora dedicato, nel frattempo però sono comparsi quelli di Ugo Russo e di Luigi Caiafa, il 17enne ucciso da un poliziotto, dopo aver commesso un colpo, all’alba del 4 ottobre scorso. Era di domenica. Quando ci imbattemmo nel murale di Luigi, realizzato ai Tribunali, chiedemmo a un ragazzino che girava da quelle parti in attesa che il disegno fosse terminato, cosa pensasse del fatto che si stesse celebrando un ragazzo che era morto durante una rapina. «E’ giusto, perché pure se era uno che faceva i guai (le rapine, appunto), l’hanno ucciso le guardie», ci rispose. A Napoli, come in tutte le parti del mondo, da bambini si gioca a guardie e ladri, a volte capita che il gioco si trasformi in realtà. E allora ti può costare la vita.