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Adesso arrivano anche le «rivelazioni esplosive» di Messina Denaro

di Redazione
31 Gennaio 2023
in Notizie di Cronaca, Primo Piano
Tempo di lettura: 2 minuti
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Sfilata di mitomani in Procura. Indagini su uno strano furto nel 2018

Le 5 carte d’identità trovate nel covo di Matteo Messina Denaro potrebbero far parte di un pacchetto di documenti rubati nel 2018 in uno strano furto. Su questo e su altri aspetti gli investigatori stanno proseguendo le indagini per risalire alla vasta rete di fiancheggiatori dell’ex latitante Matteo Messina Denaro. Si cercano riscontri sulla grande quantità di materiale raccolto: dai due telefoni trovati al boss a quelli, sempre due, utilizzati dal suo autista, Giovanni Luppino, sequestrati al momento dell’arresto. Ma anche dei documenti, degli appunti in loro possesso e altri ritrovati nel covo di vicolo San Vito, a Campobello di Mazara.

In particolare gli investigatori stanno tentando di capire la provenienza delle 5 carte di identità ritrovate nel covo: si tratterebbe, come per quella usata da Messina Denaro con l’alias di Andrea Bonafede, di documenti con le generalità di persone esistenti sempre emesse – sembrerebbe – dal comune di Campobello di Mazara e che sarebbero state usate in epoche differenti e precedenti all’ultimo anno.

Lo strano furto nel 2018 e i mitomani

Inquirenti e investigatori cercano di capire se siano carte vere, messe a disposizione da altrettante persone, a cui è stata sostituite la fotografia. O se, invece, possano essere documenti «clonati» all’insaputa degli intestatari. Negli anni scorsi in particolare nel 2018 la cronaca registra uno «strano» furto all’anagrafe del comune di Trapani: fu prelevata una cassaforte con all’interno pacchetti di carte di identità vergini e soldi in contanti. Gran parte della refurtiva fu recuperata ma il dato di partenza – al vaglio delle indagini – è che le altre carte ritrovate sarebbero state emesse dal comune di Campobello di Mazara.

Le indagini però non sono semplicissime. Ora ci si mettono anche le false segnalazioni. Decine di persone, mitomani dicono gli investigatori, stanno contattando la Procura riferendo di fantomatiche frequentazioni con il capomafia o di aver da lui ricevuto esplosive rivelazioni. Racconti in gran parte inventati a differenza di quelli dei cittadini – dal concessionario che gli ha venduto l’auto, al traslocatore che gli ha spostato i mobili da un covo all’altro, alle donne che l’avrebbero frequentato, alle pazienti della clinica in cui è stato arrestato – spesso indotti a rivolgersi agli inquirenti per prevenirne le mosse.

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